Il ''Giornale di Reggio'': scheda di approfondimento

Il Giornale di Reggio"La nostra Reggio festeggiava il Miracolo di Roma, esultava alle Costituzioni di Napoli, di Firenze, alla sommossa di Francia, ai movimenti di Germania, e prorompeva in indicibile giubilo, alla caduta dell’ Austriaco Impero. [...] La Guardia Civica è alla piazza, signora del campo: il Vessillo d’Italia sventola sul Palazzo del Comune; ogni cittadino ha la sua coccarda: è proclamata la libertà e l’indipendenza, ed il cielo in passato piovoso, sorride sereno a questi suoi doni".

Si apre con queste parole il primo numero del "Giornale di Reggio", datato 27 marzo 1848. Il duca è fuggito da una settimana e da appena cinque giorni il comune, che ha assunto i pieni poteri di governo, ha proclamato la libertà di stampa, sull’esempio dei nuovi regimi costituzionali appena istituiti in Piemonte, in Toscana, nello Stato della Chiesa e nel regno delle due Sicilie.

Il "Giornale", che esce tutti i giorni non festivi e il cui "provento, salve le spese, sarà erogato a benefizio della Guardia Civica", rappresenta per Reggio una novità assoluta e contribuisce a rendere ancora più memorabili quelle giornate. […]

Ne sono i principali animatori Francesco Selmi e Gherardo Strucchi: il primo, nato a Vignola, è dal 1842 professore di chimica al Liceo di Reggio; il secondo è medico ed esercita la professione in città dal 1838. Entrambi sono alla loro prima esperienza giornalistica, abbracciata per il "desiderio di non rimanere colle mani in mano nei primordii dell’attuale risorgimento italico" e per "trovare un mezzo per divolgare i nostri sentimenti fervidissimi verso l’indipendenza, la gloria, la felicità d’Italia".

Convinti sostenitori della monarchia costituzionale e dell’annessione al Piemonte, essi ingaggiano una polemica sempre più aspra con i repubblicani, accusati di essere la "fazione del disordine" e "una turba di sussurroni, col berretto frigio in capo" che cercano con arti subdole di ostacolare "l’impresa generosa e santa" di Carlo Alberto.

Affinché non sussistano dubbi sulle idee politiche propugnate dal giornale, i compilatori, a partire dal numero 25, affiancano alla testata i motti: "Viva l’Italia indipendente e costituzionale!" e "Viva Carlo Alberto! Viva il Regno dell’ Alta Italia!".

Man mano che la linea politica del giornale diventa più esplicita, lo Strucchi e il Selmi vedono progressivamente dissolversi quel clima di generale consenso e di solidarietà che aveva accompagnato la sua nascita. Le accuse, le critiche, le polemiche si fanno sempre più frequenti, tanto da indurre i compilatori a giustificare il loro operato ed a difendere la linea del giornale da indebite pressioni. […]

Ma più che i "non pochi disagi e stenti morali", sono quelli materiali a decidere la sorte del giornale. Raggiunto infatti il termine del primo trimestre ed onorato quindi l’impegno assunto con gli abbonati, i redattori decidono, loro malgrado, di cessare le pubblicazioni, dal momento che non sono maturate le condizioni che possano garantire al quotidiano la sopravvivenza.

Non è stata raggiunta infatti la soglia minima di "cinquecento associati di pagamento sicuro e diretto, senza sconto a’ mediatori" che avrebbe consentito di coprire almeno le spese.

Si chiude cosI nel giugno del 1848 la prima esperienza giornalistica reggiana: breve, ma feconda, se è vero che, dopo dieci anni, la ripresa del giornalismo reggiano sarà affidata agli stessi uomini e che ancora per molto tempo il "Giornale di Reggio" sarà il modello al quale ispirarsi.

 

Da: Maurizio Festanti, Le origini del giornalismo reggiano, in: Storia illustrata di Reggio Emilia, San Marino, AIEP, 1987, pp. 1217 – 1232.