''Il Ribelle'': scheda di approfondimento

Il RibelleI numeri del “Ribelle” sono 33, usciti dal 7 dicembre 1884, n. 1, anno I, al 29 luglio 1885, n. 33, anno I, con un ritmo settimanale, poi a liberi intervalli. Avevano il sottotitolo “Organo del lavoratore”. Nella testata si leggeva questa massima di Madame de Stael: “La libertà della stampa è il solo diritto dal quale gli altri tutti dipendono”.
Un numero costava 5 cent. ed era composto di quattro pagine stampate ciascuna su tre colonne. Le inserzioni sul giornale costavano 10 cent. ogni linea o spazio di linea. Il formato del giornale era di cm. 36,5 x 26. Era stampato dalla tipografia Cerlini, presso la quale aveva la sua sede la direzione. Gerente e proprietario del “Ribelle” era il tipografo Giovanni Cerlini, redattore responsabile Virginio Barazzoni il quale ebbe l’ufficio di gerente dal 5 aprile 1885.
Nel n. 1, anno I, traccia il suo programma nell’articolo intitolato Incominciando: “Per ragioni che non è lecito esporre, "Don Abbondio" cessa le sue pubblicazioni. Noi attenendoci a’ principi suoi intraprendiamo la pubblicazione di questo nuovo periodico di cui diamo il programma. [ ... ] "La penna", ha sentenziato un professore tedesco, "è l’arma della civiltà", e gli è appunto di lei che noi ci serviremo, per abbattere l’altare che il prete bugiardo ha innalzato alla superstizione, per difendere il proletario oppresso, e schiacciare il borghese oppressore. [ ... ] Le vecchie idee moribonde saranno rimpiazzate dalle nuove, divulgate dai grandi maestri dell’umanità: Owen, Marx, Proudhon [ ... ] ecco l’ideale per cui combatteremo” E’ firmato “La Redazione”.
“Il Ribelle” merita appieno questo titolo, poiché si scaglia contro la monarchia, la religione, il clero e le leggi, con grande fuoco e con un linguaggio violento, superando molto spesso i limiti della moderazione. Definisce il Vaticano “covo di briganti, di mascalzoni, dove si cospira contro la libertà delle genti”.
Il n. 16, del 12 aprile 1885, fu sequestrato, a causa di un articolo intitolato Meditazioni bibliche […]. Un altro sequestro fu operato, quando Carlo Monticelli scrisse, in un articolo nel n. 31, anno I: “Anarchia significa ordine sociale senza autorità, o altrimenti piena ed integrale sostituzione delle Leggi Naturali alle leggi scritte”. Nel n. 2, anno I, incita gli operai ad adoprarsi perché sia vinta la povertà: “da lei nascono i delitti, da lei sgorgano tutte le tremende malattie che infestano l’umanità”.
Leggiamo, nel numero del 29 luglio 1885, che è l’ultimo ad uscire, l’articolo intitolato La nostra condanna: “Giovedì 23 corr. il nostro gerente Barazzoni Virginio imputato di eccitamento allo sprezzo contro la monarchia e di sfregio alla religione dello Stato, veniva, dalla Corte d’Assise di Reggio, condannato a un anno e cinque giorni di carcere e a 1.300 lire di multa”. E contro l’avvocato dell’accusa Lino Ferriani: “i vostri insulti non ci faranno nè caldo nè freddo [...] vi stimiamo un vigliacco e i vigliacchi ci fanno ribrezzo”. Evidentemente il giornale fu costretto a cessare le sue pubblicazioni, perché la sua vita era diventata troppo difficile.
 
Da: Laura Trentini, I giornali reggiani dal 1836 al 1915, Reggio Emilia, Poligrafici, S.p.a., 1971, pp. 119– 120.